Il Disco di Festos

Miti e SimboliNel vecchio continente, il più antico documento ove sono riportati simboli di una antichissima tradizione iniziatica marziale o sacerdotale-marziale (la c.d. “via cavalleresca” del percorso iniziatico secondo alcuni autori) è senza dubbio conservato al Museo Archeologico di Heraklion: il disco di Festos, ritrovamento di una prestigiosa missione archeologica italiana dei primi del novecento.

Il Disco di Festos

di Sidus

Un nuovo approccio interpretativo

Nel vecchio continente, il più antico documento ove sono riportati simboli di una antichissima tradizione iniziatica marziale o sacerdotale-marziale (la c.d. “via cavalleresca” del percorso iniziatico secondo alcuni autori [1]) è senza dubbio conservato al Museo Archeologico di Heraklion: il disco di Festos, ritrovamento di una prestigiosa missione archeologica italiana dei primi del novecento [2].

Figura 1:
triangolo, squadra, maglietto e pugnale

Figura 2:
testa tatuata con un 8 nella guancia
e fiore a otto petali

Il Disco, di datazione incerta, ma sicuramente da collocare tra in XVII e il XIV secolo a.C., non ancora decodificato e mai studiato dal punto di vista tradizionale (ove per Tradizione si intenda tutto l’insieme dell’eredità del sacro, simbolismo e ritualità, che ci deriva – trans-ductum – da tutte le religioni e i culti misterici che hanno attraversato ogni epoca del mondo), contiene numerosi simboli comuni con la Tradizione iniziatica libero-muratoria (Massonica). In un cammino spiraliforme (fig.6) che dalla periferia conduce al centro, attraverso due percorsi, raffigurati nei due lati del disco, il secondo dei quali culmina molto verosimilmente nella realizzazione dei Grandi Misteri, cioè il culmine della realizzazione spirituale di ogni Tradizione del Sé: il guerriero, solo alla fine del secondo viaggio appare tatuato nella guancia (fig. 2) da un segno a forma di 8, doppio cerchio di realizzazione spirituale e magnificazione del coraggio guerresco; il due [*] appare quindi (doppio cerchio) nel concetto di simbolo di conflitto, di guerra, ma anche di equilibrio finale, significando in ultima analisi, come detto in nota, il moto dinamico che inizia ogni processo evolutivo.

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* Numero 2, che la cabala ebraica riferisce alla Saggezza (Hokmah), al pensiero creatore, alla emanazione immediata del Padre, al Logos e alla Suprema Ragione. Nei pitagorici il due era reputato primo numero reale poiché rappresenterebbe la prima pluralità. Due, nella Prisca Philosophia (la Tradizione più antica) è anche simbolo di sdoppiamento, separazione, discordia, contrasto e conflitto (affine a guerra), ma anche di equilibrio finale, simboleggiando in ultima analisi il movimento dinamico che dà l’avvio a ogni processo di evoluzione. Due quindi, per concludere, è il numero della Saggezza-Spirito-Logos-Suprema Ragione ma anche della Discordia, come tesi e antitesi che generano l’eterno moto del divenire.
Nel numero due infine sono presenti tutti i dualismi della tradizione: bianco e nero, buono e cattivo, luce e ombra, virilità e femminilità, giorno e notte, cielo e terra, Yin e Yang.
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Ricordiamo che sul significato simbolico del tatuaggio come segno iniziatico si sia interessato dal punto di vista psicanalitico qualche decennio or sono anche Carl Gustav Jung e la sua scuola [3], considerandolo nel novero dei segni riguardanti l’archetipo di iniziazione, magnificazione e apoteosi nel Mito dell’Eroe, che dal più basso livello di identità originaria madre-bambino o ego-Sé, attraverso la morte simbolica, rinasce e si riscatta conquistando una posizione preminente del proprio Ego che vince sulle esigenze del Sé ancora primitivo.

Ma ciò che ci porta ancor più lontano e ci fa ipotizzare legami con altri Culti Misterici dell’antichità è l’analisi del segno a forma di otto tatuato nel volto del guerriero; l’otto è anche il numero dei Kabirin [4] (gli otto Dei che servivano la grande Dea Fenicia, nutrice dei viventi), che vogliono significare i Forti, i Possenti. I Kabirin erano invocati quando si scatenavano gli elementi e i marinai facevano affidamento alla loro protezione durante le tempeste; il culto di queste divinità si trasmise ai greci che istituirono in onore loro i Culti Misterici di Samotracia. Il numero otto (in fenicio Hhet, , ottava lettera dell’alfabeto primitivo) si trova altresì nell’emblema babilonese del sole, i cui raggi si dividono in una croce doppia [5].

È interessante far osservare come nel lato del disco ove compare la figura del tatuato compaia anche una figura di uccello (probabilmente un’aquila) per ben cinque volte (tanti quanti sono i cerchi concentrici del disco di Festos), che trattiene/trasporta il doppio cerchio che compare tatuato nella guancia del guerriero. L’aquila appare sempre accompagnata (preceduta o seguita immediatamente) dalla spada fiammeggiante e da uno scudo (quest’ultimo 4 volte sulle cinque che compare l’aquila) e ciò alluderebbe alla protezione che il segno iniziatico possederebbe ad opera del sacerdote-maestro ierofante che inizia (la spada fiammeggiante nel rituale di iniziazione alla Massoneria arma la mano destra elettivamente del Maestro Venerabile che presiede alla cerimonia e inizia il profano).

Figura 3: scudo e spada fiammeggiante; compasso; fiore e rhyton; guanto.

Sorprendentemente in questa antichissima tavoletta rotonda di ottima argilla (costituita da una grana estremamente fine) di 16 centimetri circa, è rappresentata quindi una scrittura non accostabile a nessun’altra dell’epoca. E questo poiché, riteniamo sia rappresentato un linguaggio iniziatico puro, ritrovando in essa una semiotica straordinariamente vicina, se non addirittura coincidente del tutto (almeno per alcuni segni) al simbolismo massonico: la squadra, il compasso, il maglietto, i guanti, la spada fiammeggiate (fig. 3).

Figura 4: prigioniero

Figura 5: timone e nave

Anche altri segni che sono accostabili alla tradizione libero-muratoria come il rython (fig 3), il “calice delle libagioni” dell’epoca; l’uomo con le mani legate dietro la schiena (il cosiddetto “prigioniero” (fig.4) degli archeologi che si sono avventurati nel terreno accidentato di una pur sommaria interpretazione ), che ricorda la preparazione del recipiendario; ma anche il simbolo dell’ acqua ; il fiore a otto petali (fig.2), istintivamente avvicinabile, anche se risulta anacronistico tale accostamento (ma Guénon suggerisce che la legge delle corrispondenze non ha limiti!) al nostro segno distintivo del nontiscordardimé (quest’ultimo, fiore a 6 petali) di germanica più recente memoria, all’acme del primo percorso iniziatico ; ma abbiamo anche il bambino (l’innocenza, la purezza, la semplicità), la clava (arma di Herakles, l’iniziato ante litteram, nel percorso delle prove), la pelle di animale, qui forse a voler più indirettamente correlarsi al significato della spoliazione dai metalli (c.f.r. Giovanni Battista vestito di sola pelle di cammello [6]), ma anche lo scudo (fig. 4) e il timone (fig. 5) che protegge e guida durante tutto il percorso iniziatico, funzione svolta dall’Esperto nell’iniziazione muratoria.

Altro interessante segno che compare di frequente in ambedue le facce del disco è una imbarcazione (fig. 5) con un unico viaggiatore al suo interno, nel periglioso mare delle prove iniziatiche; riferimenti alla navigazione appaiono di frequente in Dante dal De Monarchia fin alla Commedia; emblema di Giano la navicella è quindi stata mutuata dal cattolicesimo come simbolo di Pietro; tale simbolismo, come ci suggerisce Guenon [7], fu usato spesso nell’antichità dai Greci e dai Romani, per citare ad esempio Gli Argonauti, Omero e il suo Odisseo, Virgilio e l’Eneide sin fino a Ovidio. Anche in India si trova questa immagine e una frase di Sankaracarya così recita «lo Yogin, attraversato il mare delle passioni, è unito alla tranquillità e possiede il nella sua pienezza»; un geroglifico simile, a forma di navicello, ha significato nell’antico Egitto di navigazione.

Infine un cenno merita anche la raffigurazione di un triangolo (fig. 1) con la punta verso il basso – in relazione al cerchio più esterno della manifestazione grossolana a cui probabilmente vuole riferirsi –, che compare solo una volta nella spirale più esterna del primo percorso, accanto alla squadra, al maglietto e a un pugnale, con numerosi punti in rilievo al suo interno, che gli archeologi hanno accostato senza esitazione alla raffigurazione di un “filtro” o colino, ma che noi più scettici per questa semplicistica attribuzione avvicineremmo, con la conoscenza della numerologia pitagorica, più al Tetraktys [8] , il triangolo contenente dieci punti disposti per 1, 2, 3 e 4, che dimostra come il numero 4 generi il 10 (1+2+3+4=10). Il triangolo di Festos è però costituito da un gruppo di 6 punti (fig. 1) per ogni lato ove quello pitagorico né possiede 4, e ciò potrebbe essere spunto per ulteriori riflessioni numerologiche.

L’idea che si tratti di una iniziazione a remoti culti misterici marziali si ricava dalla presenza nel disco di numerose raffigurazioni di teste di uomo con elmo a cresta; già l’Evans (lo scopritore di Knossos) accostò queste figure alle raffigurazioni dei popoli del mare (i Filistei) sulle pareti del tempio di Ramsete III a Medinet Habu con acconciature del tutto analoghe a quelle del guerriero del disco [9]; il guerriero, abbandonato l’elmo, nel suo percorso finale si trova completamente rasato (immediato il parallelismo con l’atto della tonsura dei capelli delle novizie, sorta di rito iniziatico di rinuncia alle cose terrene per il connubio finale con il Cristo; ma il rito della tonsura è presente anche nei monaci e nei chierici del Medio Evo come negli antichi greci e romani, dove l’offerta dei capelli veniva fatta come segno di dedizione e di attaccamento o di penitenza, ma anche in occasione dell’acquisizione della cittadinanza e nelle cerimonie nuziali e funebri [10]), con un tatuaggio (fig. 2) a forma di 8 nella guancia destra, segno distintivo dell’appartenenza all’ordine iniziatico guerresco. Non si può non pensare di accostare questo antichissimo Ordine iniziatico al più noto e vicino Ordine iniziatico militare-sacerdotale dei Cavalieri del Tempio, all’interno del quale esisteva una regola ferrea e un rituale di iniziazione, purtroppo non conosciuto nei dettagli se non per alcuni particolari estorti sotto tortura ad uso e consumo diffamatorio, da parte della pontificia corte e di Filippo il Bello per condannare irrimediabilmente l’Ordine.

Ovviamente avventurarsi per il terreno insidioso dell’approccio interpretativo sul complesso dei segni e sulla disposizione varia di essi all’interno della spirale del disco di Festos è cosa assai rischiosa ed ardua. Naturalmente al di là delle suggestioni esoteriche che il disco può evocare rimangono sempre altri segni non menzionati non facilmente accostabili alla nostra Tradizione esoterica il cui significato crediamo risulta oramai irrimediabilmente perduto nelle segrete dei Culti Misterici a cui si riferivano.

Fig. 6: Il disco di Festos. Museo Archeologico Nazionale di Heraklion.

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Note

1. La Tradizione del Sé. Alberto Samonà. Atanor 2003, pagg 11-16. (torna al testo)

2. Il Disco di Festo. L’enigma di una scrittura. Louis Godart. Einaudi, 1994. Pagg. 7-20. (torna al testo)

3. L’uomo e i suoi Simboli. CG Jung e Coll, TEA 1991, pag. 114. (torna al testo)

4. La Massoneria III. Il Maestro. Osvald Wirth. Atanor, 1992. Pagg 144-146. (torna al testo)

5. Ibid. (torna al testo)

6. 10 Nuovo Testamento. Matteo: III,4. (torna al testo)

7. Autorità Spirituale e Potere Temporale. René Guénon; Luni Editrice 1995, pagg. 91-93. (torna al testo)

8. La Massoneria II. Il Compagno. Oswald Wirth. Atanor, 1992, pag 104. (torna al testo)

9. Il Disco di Festo. L’enigma di una scrittura. Louis Godart. Einaudi, 1994, pag. 89. (torna al testo)

10. Simboli ( Herder Lexikon.Symbole : Verlag Herder -Freiburg); Piemme, 1993, pagg. 50-51. (torna al testo)

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